domenica 9 marzo 2014

MONUMENTO METAFORA O ESPRESSIONE DI POTENZA...OPPURE ENTRAMBE?
Il monumento: espressione di dominio e potenza, o rappresentazione di un’idea, quindi simbolo?
Il movimento modernista non aveva dubbi, rifiutava l’architettura dei simboli perché schiava di ostentazione di potenza, rincorreva invece la funzione dell’opera, la quale funzione rendeva l’opera perfetta, tale da poter essere definita architettura.
L’articolo del professor Antonino Saggio “La via dei simboli” riporta il caso di Terragni come l’eccezione, uno dei pochi che riconosceva la possibilità di “dare un’aura monumentale e simbolica a un edificio senza ricorrere allo strumento del passato ma attraverso un’ibridazione pericolosa quanto magistrale”.
La ricerca dell’eccezione impone la citazione dell’opera di Aldo Rossi, il quale nell’“Architettura della città” descrive la genesi del sistema urbano e del rapporto di questa con gli interventi architettonici, i cosiddetti  fatti urbani, i quali devono relazionarsi con il sistema, ma devono imporsi nella loro forma, nel disegno e non esistere in nome della loro funzione: “la domanda –A cosa servono?- finisce per dar luogo a una semplice giustificazione bloccando un’analisi del reale”.
La via a cui fa riferimento il titolo dell’articolo citato è quella che porta dall’Opera House di Sidney di J. Utzon, il primo simbolo dell’architettura moderna, che rompe le catene del funzionalismo plasmatore della forma, al nuovo monumentalismo di Gehry, l’architettura espressione di un fatto civico e collettivo.
Tuttavia l’articolo si conclude con l’accenno a numerose altre vie che possono descrivere l’evoluzione dell’opera architettonica  che si fa epifania di sentimenti, di cronaca, di valori storici, culturali, vessillo di popoli, di religioni…
Il nuovo millennio impone la necessità di analizzare un campione più ampio, l’architettura contemporanea risponde a committenze oggi più che mai eterogenee. Il fronte orientale chiama l’esercito delle Archistar a confrontarsi con esigenze diverse, dettate da culture radicalmente differenti, e che spesso fanno attrito con la linea occidentale, o forse ne esaltano le sfumature, portandole all’eccesso.
Monumento metafora o espressione di potenza?  Lo scenario degli Emirati Arabi suggerisce una terza possibilità. Città come Dubai, Abu Dhabi sono oggi il risultato della volontà di mostrare la ricchezza, ed il dominio dei padroni dell’oriente che ostentano “minacciosamente” il loro potere al mondo occidentale, con le loro architetture da guinness. Ma allora, l’architettura intesa come misura di potenza è davvero un fatto del passato, legato all’immagine dell’imperatore romano, o del dittatore del 900? Eppure certamente la “Vela” di Dubai, il circuito Yas Marina di Abu Dhabi sono l’esplicitazione chiara di un’architettura metaforica di chiave contemporanea… 

Quindi allora tale confusione impone l’esigenza di “enciclopedizzare” una terza specie: l’architettura contemporanea simbolica che funge da celebrazione di potenza, in barba alle teorie del Modernismo del dopoguerra…

Ilaria Ferrazzilli